Gli affreschi nella Parrocchiale di San Leonardo a Castelnuovo



Gli affreschi tardogotici di Conrad Waider nella Parrocchiale di San Leonardo a Castelnuovo


Prima parte: la volta con i Padri dello Chiesa e i Simboli degli Evangelisti.

A Castelnuovo, fatta salva l'ipotesi dell'esistenza di una piccola cappella già dal Xlii secolo, è logico pensare che sul finire del XIV secolo, al momento della ricostruzione del paese dopo la distruzione scaligera del 1385, venisse costruita una prima vera chiesa, anche se di dimensioni modeste rispetto all'attuale, dedicata a San Leonardo. Questo primo edificio venne ricostruito e ampliato nel 1608 spostando da est a nord il tradizionale orientamento verso il sorgere del sole. Nel 1731 ci fu un nuovo ampliamento con l'aggiunta della cappella del Rosario. Seriamente danneggiata dalla Grande guerra, fu riparata nel 1920 e ampliata nuovamente nel 1929 su progetto dell'ingegnere Mario Marchignoli.
Verso la fine del primo decennio del 1500, l'antico presbiterio, attuale cappella di San Leonardo, venne completamente affrescata dal pittore bolzanino di origine bavarese, Conrad Waider (notizie dal 1488 Bolzano, 1517), su probabile commissione dell'allora rettore don Simone di Castellalto, fratello minore del più noto Francesco IV, capitano delle milizie del Vescovo Bernardo Clesio e Signore di Telve. Gli affreschi scialbati dopo il 1642 - quando il vecchio presbiterio, già trasformato in sacristia, viene menzionato nella Visita pastorale con la volta dipinta - furono riscoperti nel 1920 per la caduta di una parte dell'intonaco dovuta all'esplosione di una bomba. I dipinti furono restaurati per la prima volta nel 1927 dal pittore Giuseppe Salata di Rovereto e, nuovamente tra il 1979-80, da M. Tagliap1etra sotto la Soprintendenza del prof. Nicolò Rasmo che ne propose l'attribuzione al pittore Corrado Waider, proveniente dall'ambiente tirolese-germanico e ancora legato alle formule e agli stilemi dell'arte tardogotica e Internazionale. Il restauro condotto nel 2001 da Enrica Vinante, oltre a ridare forza ai dipinti, ha recuperato molte parti degli affreschi che si credevano compromesse, consentendo attraverso la migliore definizione una lettura più completa e precisa e una maggiore fruizione dei temi rappresentati. Sulle quattro vele della volta, la parte meglio conservata, all'interno di clipei variamente quadrilobati e impreziositi da foglie, racemi e trilobi, sono rappresentati, i Padri della Chiesa Occidentale, o Latina, abbinati ai Simboli degli Evangelisti , il tutto completato da una fitta trama di nervature, intrecci, girali, palmette e dentelli, imitanti le analoghe forme della plastica tardogotica sia litica che a intaglio ligneo per esempio il "Flugelaltar") che creano un effetto di profondità spaziale. Un'analoga decorazione, tipica dell'ambiente atesino, si ritrova in Valsugana negliaffreschi della volta a San Mauro di Pinè, attribuiti da Rasmo allo stesso Waider e datati ai primi anni del Cinquecento. Nella vela nord vediamo il Leone di San Marco in coppia con San Gerolamo. L'abbinamento tra l'Evangelista Marco e San Girolamo è in sostanza obbligato dal comune attributo del Leone e dal fatto che Gerolamo era di origine veneta.

Il Leone alato, in posizione stante e ruggente, poggia le quattro zampe sul sinuoso cartiglio dove si legge SAN­ CT[US] MARC[US] EWANGELISTA (sic) e l'incipit del suo vangelo: ECCE E[GO] MITTO ANGELUM MEUM [ANTE FACIEM TUAM] (Ecco, io mando il mio messag­ gero davanti a te,). Il traduttore della Bibbia, rappresentato in rossi abiti cardinalizi con il galero in testa (anche se storicamente non fu mai cardinale) tiene un manoscritto nella mano.
Nel largo cartiglio che completa il clipeo si legge: [S] ANCTUS JERONIMUS DOCTOR I NOLI ALTUM SAPERE SED TIME (non montare dunque in superbia ma temi). Procedendo in senso orario, da destra a sinistra, incontriamo l 'Aquila di San Giovanni e Sant'Agosti no (la coppia meglio conservata). L'accostamento di Sant'Agostino con l'autore del quarto Vangelo è motivato dal fatto che, negli scritti del santo vescovo di lppona, figurano anche due sermoni: sul Vangelo di Giovannie sulla lettera di Giovanni ai Parti. Agostino, rappresentato giovane in abiti vescovili con la mitria sul capo, indica con la mano sinistra il cartiglio che tiene con la destra dove si legge: "SANCTUS AUGUST INUS DOCTOR I DEUS HOMO FACTUS [ES]T (e Dio si fece uomo). Nel clipeo vicino, l'Aquila di Giovanni, rappresentata in piedi con le ali spiegate, le zampe divaricate e il becco spalancato sembra ammonire ifedeli. Nel cartiglio si legge: SANTUS IOHANNES EWANGELISTA I IN PRINCIPIO ERAT VERBUM. Nella vela sud vediamo i due medaglioni con il Bue di San Luca e Sant'Ambrogio, quest'ultimo molto sbiadito; anche 1n questo caso l'abbinamento non è casuale ma deriva da un Commento al Vangelo di Luca, scritto dal santo vescovo d1 Milano. Il Bue (o Toro) di San Luca è raffigurato anch'esso a figura intera e di profilo come il Leone di San Marco. La scritta del cartiglio, abbastanza conservata, recita: SANCTUS LUCAS EWANGELISTA [...] [Fu]IT INDIEBUS H[E]RODIS REGIS [IUDAEAE] (Al tempo di Erode re di Giudea). Diversamente, del lacunoso cartiglio di Sant'Ambrogio si legge chiaramente solo la riga superiore: SANCTUS AMBROSIUS DOCTOR, poiché quella inferiore, mancando di molte lettere, risulta di difficile comprensione. Concludono la rappresentazione della volta gli ultimi due medaglioni con l'Angelo di San Matteo e San Gregorio Magno papa. Anche in questo caso l'abbinamento del grande papa con l'Angelo di Matteo non è casuale ma si avvale di forme iconografiche antiche che rappresentano San Gregorio Magno assistito da un angelo mentre scrive Il simbolo dell'evangelista Matteo, pur sbiadito, risulta completo; l'Angelo, rappresentato ad ali spiegate indossa un ampio vestito chiaro (forse per la caduta del colore) sul quale risalta la capigliatura ricciuta e rossastra. Srotola con le mani un lungo e sinuoso cartiglio dove si legge: SANCTUS MATHEVE EWANGELISTA I LIBER GENERATIONIS JHESU CHRISTI. Diversamente , il clipeo con san Gregorio Magno ev1denz1a un'appariscente lacuna sulla parte sinistra dovuta alla caduta dell'intonaco. Il quarto Dottore della Chiesa, a mezzo busto (come i primi tre) è paludato in preziosi paramenti papali con una grande tiara sul capo Le scritte del cartiglio, in parte cancellate, dicono: [SANCTUS] GREGOR IUS [Do]CTOR PAPA· [...] [...] 181 [...] ERIT. Sicuramente i dipinti d1 San Leonardo non mancarono d1 suscitare interesse ed entusiasmo nei pittori locali del tempo come per esempio nel Corradi e nei suoi epigoni. Del ciclo però, si prese ad esempio solo la parte narrativa (1 dipinti delle pareti), mentre la complessa struttura della volta. così tipicamente gotica e legata come forma di rappresentazione all'ambiente nordico, rimase pressoché lettera morta. Dal punto di vista iconografico la cappella di San Leonardo presenta una certa complessità, in particolare nella volta dove gli abbinamenti dei Dottori della Chiesa con i Simboli degli Evangelisti, fatti in base a precise conoscenze della "Patrologia", rivelano una profonda cultura nel campo religioso, impensabile in un pittore provinciale È quindi ragionevole supporre che alla base di tale programma ci sia stata la presenza di una mente ordinatrice, facente capo ad una personalità religiosa di un certo rilievo che potrebbe essere individuata in quella del nobile don Simone di Castellalto , rettore dal 1508 al 1516, anno della sua morte, della curazia di Castelnuovo.


Fine prima parte








Vittorio Fabris


Voci Amiche mar 2022