La alluvione del 1924


Nei numeri di « Voci Amiche » dei mesi scorsi ho portato a conoscenza dei lettori tré documenti relativi alle alluvioni che, nel settembre e ottobre 1882, hanno portato desolazione e difficoltà anche nella Valsugana.
In questo, e nei numeri prossimi intendo presentare alcuni particolari della analoga inondazione avvenuta nel settembre del 1924.
Contemporaneamente però ricordo che sul nostro periodico ho pubblicato nell'agosto 1954 notizie riguardanti la piena del 1665, e nel dicembre 1966 un riassunto di quanto ha riferito la stampa locale nei giorni successivi al fortunale del 4 novembre.
Come si vede, esse non vorrebbero essere notizie frammentarie, bensì un contributo a una storia delle alluvioni che negli ultimi tré secoli — da quando ho potuto trovare nelle memorie — si sono susseguite negli anni 1665, 1748, 1823, 1825, 1844, 1847, 1868, 1882, 1924 e 1966
Questo, evidentemente, non è un elenco completo; tuttavia lo ritengo un tentativo concreto inteso a raccogliere una documenta zione anche di questo argomento.
Ora, nell'impegno di continuare la raccolta, la presentazione e la conservazione di queste memorie, riporto alcuni servizi apparsi sul giornale « Il Nuovo Trentino » nelle edizioni del 26 e del 28 settembre, dove si parìa della inondazione del 1924.


Terribile nubifragio in Valsugana
Nelle prime ore di ieri mattina arrivavano in città le prime notile del disastro nella Bassa Valsugana, suscitando penosa impressione. Alla nostra redazione fu telefonato da trigno, poco dopo le 8, e provvedemmo subito a mandare nella Bassa Valsugana un innviato speciale.
Da Trento si recavano immediatamente sui luoghi devastati il viceprefetto cav. Uff. Negri, il comm. Orsenga e l'ing. Adami del Genio civile.
L'on. Sarrocchi, ministro dei Lavori Pubblici, che da mercoledì si trovava a Roncegno, ieri mattina appena avvertito della sciagura, partì in auto per Strigno per rendersi conto della gravita dei danni e per disporre lavori di urgenza.
Verso le 10, accompagnato dalle Autorità, l'on. Sarrocchi partì per Trento ove sosto' brevemente in Prefettura, e quindi proseguì per l'Alto Adige, ove visitò i lavori che vengono eseguiti in seguito alla frana del torrente Tellese. In serata ripartì per Roma. Da Trento il ministro spedì al presidente del consiglio e all'on. Federzoni il seguente telegramma:
« A Strigno presso Borgo temporale tersero ha prodotto gravi danni stop. Un torrente ha travolto baracca con cinque persone certamente annegate. Altro torrente che normalmente scorreva in condotto coperto lungo via principale del paese o per rottura o per otturazione manufatto scorre ora precipitosamente per le strade producendo danni e minacciando anche qualche abitazione stop. Venuto sul luogo ho disposto lavori urgenza per deviazione o incanalamento acqua stop. Ingegneri genio civile preparano subito rimedi definitivi stop. Reparto genio militare chiamato da Trento sarà oggi sul luogo stop. Saluti cordiali. F.to SARROCCHI ».

Sui luoghi colpiti dal nubifragio si recarono anche il generale Giovagnoli, comandante la Divisione e il col. Ribotti dei Reali Carabinieri. Il signor Generale dispose per l'invio di un plotone di zappatori del 18 Fanteria al comando del Capitano Parassole.
Ecco la relazione del nostro inviato:


Notte di terrore

Un terribile nubifragio si è scatenato laVoci Amiche ott - sera di mercoledì sulla Valsugana e sulla Val d'Astice, percuotendo e devastando nella sua tremenda furia distruttrice interi paesi, e cui buone ed operose popolazioni attraverso inauditi sacrifici e durissime fatiche, rimarginavano le crude ferite loro prodotte dalla recente guerra.
La Valsugana è. ancor sotto l'intraducibile impressione del disastro che l'ha colpita, e che — si badi bene — non può essere contenuto se non apprestando pronti e adeguatirimedi.
Case in pericolo e scosse dalle fondamenta,ponti crollati e pericolanti, se non addirittura trascinati nelle correnti vertiginose, arginature sfaldate e sconnesse, strade sconvolte, e vittime, vittime.

A Strigno

A Strigno, testimoni oculari ci narrano con voce rotta dall'emozione quanto immane sia slata la furia degli elementi. Sono il Decano don Bortolini, il Commissario prefettizio, il sig. Nicolodi della Banca Cattolica, il maestro fervori ed alcuni popolani dei quali ci sfugge il nome.
Erano circa le ore 20, e molti si trovavano nelle loro case, quando il nubifragio dal monte Dogo cominciò a urlare furibondo.
Da principio, credendo si trattasse di. unodei soliti temporali, nessuno, si può dire,vi fece gran caso. Sarà l'ultimo -— diceva o i paesani, alludendo alla stagione inoltrata.
Ma poi, verso le 20,30, la scena repentinamente mutò. La campana a martello scuoteva l'aria con i suoi larghi e profondi rintocchi. Si videro infatti le strade coprirsi di limacciosa minacciante acqua, le case cominciarono a tremare, come sotto le scosse di un terremoto, e l'acqua aumentava notevolmente in modo spaventevole.
I due torrenti Cinaga e Enzeguà che in lunghezza attraversavano il paese, si fecero limacciosi al punto da far temere qualche cosa di irreparabilmente grave.
E difatti, repentinamente, come per l'afflusso di immani quantità d'acqua, essi vomitavano sulle principali contrade di Striglio il loro contenuto.
Dei due, il Cinaga, divenne presto il più minaccioso. Questo, nella parte alta del paese si inalvea in un condotto chiuso che lo conduce a sboccare dopo aver sottopercorso le vie principali, nella prossimità della chiesa, dietro il municipio.
L'apertura attraverso la quale passa per entrare nel condotto, si dimostrò in breve insufficiente alla bisogna, e aggiungasi il fatto, che dei massi portati dal torrente, finivano per ostruirla quasi, totalmente. Allora la furia delle, acque proruppe tremendamente; più nulla la contenne e le vie e le piazze furono tosto invase da una massa enorme di liquido terroso.
Esso si riversò poscia sul nuovo stradone die porta a Tesino ed. imitasi al vicino rivo dell'Enzeguà straripò, investendo la strada che reca nel suo seno la nuova tubatura d'acqua. Il terreno smosso di fresco non potè opporle che una limitata resistenza, resistenza subito vinta, in modo sì disastroso da scavare la strada per l'altezza di un uomo.
Pavimentazione, e tubatura ora non sono che un ricordo distrutto da una tristissima realtà.
E l'acqua continuando nella sua furia devastatrice la corsa pazza per il paese, scavando profonde buche, intaccando case, rovesciando e travolgendo tutto quello che gli si parava dinanzi, assunse una violenza spaventevole.
Dei visi attoniti ci dicono il terrore di quella notte d'inferno, e dalle lacrime che solcano i volti bronzei e visi pallidi di bim bi, il dolore.
La furia degli elementi danneggiò verso le 22 le condutture elettriche, ed il paese dovette lottare nel buio. Il buio tetro, rotto dall'acqua che scendeva sui volti e sulle schiene dei paesani, curve negli aspri e perigliosi salvataggi, e dai lampi che dal Dogo di tratto in tratto illuminavano quella notte di tregenda, percorsa da tuoni laceranti e dall'urlo crescente dell'acqua devastatrice.
Il torrente Chiepena che costeggia la fra zione dei Munegatti, alla sua volta gonfia tesi forse più che nella memorabile innon tazione del 1882, asportò tutti i ponti a lui sovrastanti, nonché parte della Strada denominata « Erosta ».
Si delineò subito, in tutta la Sua spaven tevole entità, la portata del pericolo.
Il nubifragio, scoppiato sul Dogo, scese nelle tré valli sottostanti per le tré vie distinte: per tfieno, per Strigno e per la località detta il Maso.
La fiumana che prese la via di Bieno si scarico subito nella Chieppena, che ingrossò spaventosamente, travolgendo massi enormi, alberi arginature. Nei pressi della cessata Centrale Elettrica una baracca ergevasi proprio sull'orlo della Chieppena. La abitava una famiglia slava composta di padre, madre, due ragazze, una di 23 e l'altra di 13 anni, e di un fanciiilletto. Il pencolo gravissimo che sovrastava a questa debole e malferma costruzione di legno indusse due giovani animosi di Strigno, i fratelli Bozzolo a scarsi sul Chieppena per avvisare gli abitanti della baracca di ciò che li minacciava.
«Noi stiamo a letto, e vedrete che non ci accadrà nulla », venne risposto dal di den^o. Dopo dieci minuti i fratelli Bozzolo erano gia' stati violentemente a terra da una forte onadata, e a stento si salvarono da morte sicura. La barocchetto invece scomparve fra un fragore di assi e di urli, e l'acqua presto sopra di essa si rinchiuse.
Intanto il paese passava le sue indimenticabili ore di passione e di terrore.
L'oscurità dominava sempre, e l'acqua cresceva, e dei muri crollavano, come al magazzino della Cooperativa, e delle case minacciavano rovina, voragini si aprivano in piazza dei Santi al Caffè Roma. in piazza Maggiore, alla casa Bertagnoni.
Che dire dell'opera alacre e coraggiosa dei buoni paesani? Di quella dei pompieri di Tracena guidati animosamente dal sig. Staudacher e dal figlio rag. Nino, i primi con quelli di Strigno a gettarsi al salvataggio? E quelli di Spera? Anche i carabinieri, guidati dal maresciallo Calatrone, diedero prove mirabili, e per poco il milite Zanoni non lasciò la vita. Quanti episodi di abnegazione e di sprezzo della vita da parte dei paesani. Sotto l'acqua torrenziale, e nella melma che li copriva fino alla cintola, alla luce sinistra dei lampi sbadacchiavano argini, puntellavano case, cercavano con ogni energia di domare la furia degli elementi.
Don Bortolini, decano di Strigno, difese più volte con assi e ciottoli la propria chiesa dalla acqua che tentava dì invaderla. Travolto, non abbandono la difesa della chiesa, se non quando I acqua rese vani completamente i suoi sforzi.



A Le vico

I torrentelli, causa le tortissime piogge s'ingrossarono e strariparono allagando le strade. L'acquedotto fu danneggiato in più parti il Brenta, ingrossato dalle acque degli affluenti, in diversi punti rupe gli argini ultimamente costruiti o in corso di costruzione. Fortunatamente non si Hanno a deplorare vittime. Qualche casa per precauzione fu fatta sgombrare da^li abitanti.
''• Si apprende che nei pressi di Borgo caddero sulla linea ferroviaria dei massi. Per buona sorte alcuni passanti se ne accorsero e riuscirono a far fermare il treno serale in Potenza da Trento alle 19.45, evitando così. un altro disastro. Sgombrata la strada, il treno potè proseguire.



Altri disastri

Tutta la bassa Valsugana però ha la sua parte nella sventura. Ogni paese, ogni via hanno le loro ferite.
Ecco un elenco raccapricciante di disastri che " rabbrividendo, abbiam potuto raccogliere nella nostra veloce corsa attraverso i luoghi devastati.
A Olle una casa fu completamente travolta dal Fumala. La abitavano la maestra del luogo e una vecchia. La maestra potè mettersi in salvo ma la vecchia, malaticcia e settantenne, ebbe tale paura da morire appena arrivata all'ospedale di Borgo.
Il ponte sulla Lisumina, vicino alla centrale, veniva distrutto, ed egual sorte subirono, sebbene in mior misura, quelli sul Moggio e l'altro sulla strada Telve-Borgo.
Il ponte sulla Gallina (dopo Bieno) è gravenenie pericolante, e buoni tratti a esso conduce venne distrutta. Danni fortissimi hanno subito i paesi di Roncegno, Marter e Barco.
Samone ha la campagna, con le sue ricche piantagioni di frutta, distrutta, e il sindaco sig. Trisotto Beniamino ce lo annuncia con le lacrime agli occhi.
Gli acquedotti di Borgo, Levico e Strigno sono distratti. In vai Canale e in quel di Primiero si registrano pure danni enormi.
Ogni paese manda incontro alle autorità i messi di sventura, gente che porta impresso sul volto e tralucente dagli occhi un dolore indicibile.




Urge provvedere

I danni, secondo calcoli approssimativi, superano i due milioni. Ma possono diventare ben più gravi se, come nel caso di Strigno, subito e adeguatamente non si provvede.
Strigno è letteralmente in balia degli elementi dell'acqua che morde le fondamente delle case con inesorabile cattiveria, del ciclo che con un nuovo temporale darebbe agli elementi altra irresistibile forza.
Le sbadacchiature erette nella notte e nella mattinata han tutti i caratteri dell'opera provvisoria. Occorre inal\ "olare i torrenti usciti dal letto, o almeno dirigerli, incanalarli verso direzioni che annullino ogni possibilità di ripresa.
Sui luoghi colpiti si sono recati come dicemmo il Ministro ai LL. PP. on. Sarrocchi, e gli on. Carbonari, Ciarlantini, Gianferrori. Più tardi giunsero sul posto anche l'on. Lunelli e il sen. Zippel. Anche Donna Rocco, moglie del Presidente della Camera on. Rocco, visitò Sfrigno, accom pagnata dal cav. Orlandi, Sottoprefetto di Borgo, ed ebbero parole di conforto per i colpiti.
Ora i lavori di riattamento proseguono alacremente mercé l'opera instancabile della popolazione tutta e di reparti di zappatori del 18° fanteria di Trento diretti dal maresciallo Dall'Ovo. Sul posto come dicemmo più sopra, si sono pure recati per un sopralluogo e per le disposizioni del caso il cap. Paolo Parassole del Genio militare di Trento, e il Capo dell'Ufficio Edile di Borgo ing. Cuniberti.
La popolazione vive ora di trepidaziane inenarrabile. Questa buona e forte popolazione, che ha tanto sofferto e tanto sperato, ha bisogno assoluto d'essere assistita sia moralmente che materialmente.
Strigno è sconvolto: migliata di metri cubi giac ti dono nelle sue vie, si accatastano contro i muri delle sue case sgretolate, nei piazzali melmosi. Urge provvedere perche l'acqua è una terribile e insidiosa demolitrice.




Tre cadaveri ritrovati
Nel pomeriggio in quel di Agnedo furono rintracciati, sotto il ponte della ferrovia, tré cadaveri avvolti di erbe e melma, e che tosto vennero portati al cimitero di Agnedo, lasciandoveli adisposizione dell'Autorità.

Sono i cadaveri dei figli, della disgraziata famiglia slava con la sua casetta di legno dal Chieppena. I loro genitori dove sono? Certo morti. Ma dove? La risoluzione di questo penoso interrogativo è affidata all'acqua omicida, ed essa sola può rendere i corpi di coloro a cui tolse la vita.
E' sera, quando lasciamo i luoghi percossi da tanto dolore. E il lavoro procede incessante, e dei brividi di morte passano nell'aria che oscurasi ogni minuto di più. Sul Cenon e sul Ravetta lampeggia sinistramente e prorompono tuoni.
Molti sguardi si fissano con terrore lassù.
Noi partiamo con cuore trafitto. Cosa recheranno stanotte quei lampi, e cosa scagneranno quei tuoni contro quei nostri fratelli sì laboriosi e già sì duramente colpiti?




Sull'Altipiano delle Vezzene e in val d'Astico


Ci telefonano da Casotto:
Ieri sera su tutto l'Altipiano delle Vezzene e nella vai d'Astica si è scatenato un violentissimo nubifragio causando un enorme panico. Le campane dei paesi circonvicini suonarono lungamente a distesa. Ovunque si parla di danni assai gravi e di vittime umane. Ma è impossibile appurare con precisione questi particolari perché tutte le comunicazioni sono interrotte.
Anche il paese di Casotto non è stato risparmiato: esso è stato colpito gravemente e ha passato ore affannose. La chiesa è stata allagata e riempita di materiale, e così pure il cimitero. I danni arrecati alle proprietà private sono assai gravi. L'Astica si è ingrossato e scorre con una furia paurosa.




L'ORRENDA VISIONE DELLA VALSUGANA (II Nuovo Trentino, 28 settembre 1924)
Quando l'automobile è nelle immediate vicinanze di Novaledo, osserviamo a distanza, verso Barco, tutta una serie di striature bianche, larghe, lungo la montagna che sale per la valletta. di Sella.
Fra una strìatura e l'altra, ampie chiazze biancastre e, poi, tutto bianco il fondovàlle: franamenti di ghiaia, di sassi, di macigni. Vedremo, meglio, più tardi.
Passato Novaledo, verso Marter, ai Brustolai èi si indica il posto dove, la sera del nubifràgio, poco mancò non si verificasse un disastro ferroviario, che il treno in partenza da Trento alle 19.45, ove non fosse stato, provvidenzialmente, fermato in tempo, avrebbe trovata, la linea rotta e sarebbe andato a finire chissà come, chissà dove. Ci rincresce non avere qui il nome dell'umile eroico salvatore di tanta gente, per additarlo alla pubblica riconoscenza. Vogliamo sperare che le autorità non lo dimentichino.




Le rovine del nubifragio

Appena giunti a Borgo, ci avviamo verso Olle. Sulla strada, a poca distanza dal paesello, il ponte sul Moggio, che scende precipite dalla valle di Sella, lo si sta rifacendo in legno, essendo stato asportato.
Chiediamo informazioni. Ci si racconta tante cose e tanti particolari impressionanti e si additano, lungo il letto del torrente, verso le Seghe, le rovine del nubifragio.
Ci si fanno rilevare anche i danni prodotti, dall'altra parte del paese, dai torrente Fumola. Noi frattanto, indietreggiando un po', spingiamo l'automobile lungo la strada che costeggia la sinistra del Moggio e che a un certo punto — ai Gioseìe — riceve lo sbocco della strada militare che sale in Sella.
A poche decine di metri, lungo il greto del torrente, appaio subito una casa della quale sono rimasti pochi avanzi di muri. Ma era una casa non finita, che le mancava il tetto, e non era abitata.
Tracce sensibili di danni s'incominciano a vedere presso l'osteria F'astro: a destra, un vigneto è devastato, ma la strada continua fino a una decina di metri al di là di una edicola con la imagi ne serena della Madonna adornata di fiori treschi. Poi la strada finisce: c'era, ma non c'è più, nemmeno in orma. E dobbiamo avventurarci tra i filari dei vigneti, saltando qualche reticolato di filo di ferro spinato, per andare innanzi.
Ecco: siamo a un'altra casa distrutta: la facciata è tutta una rovina o, peggio, non esiste più. Così, per tré quarti, le mura laterali. Il muro della parte posteriore, invece, è quasi intatto, e ad esso è appoggiata una scala esterna in legno, su un gradino della quale è ancora un piattino con gli avanzi del pasto pel cane, dentro un mucchio di rottami. Ma a ridosso di questa che fu già una tranquilla abitazione, la vegetazione è tutta in rigoglio: è tutto una levata fitta di piante giganti di fagioli coi baccelli turgidi e di piante di granoturco dalle pannocchie ben formate. Sul suolo, strisciano delle zucche con le belle foglie grandi verdi e i pomposi fiori gialli.
Dev'essere questa la casa della vecchia. Interessante informarsi. Da chi?
Ecco, più in là, una bella casett tra i fiori, Ci avviciniamo. Ci si fa incontro un simpatico aitante giovanotto, che ci accoglie con un sorriso di cortesia. Sorride: ma negli occhi a noi sembra gli vagoli ancora un resto di smarrimento.




Il racconto d'un testimonio

Egli racconta.
E' Luigi Borgogno, contadino. Quella sera egli non si trovava nella casetta: era passato di là del Moggio, in un'altra sua campagna, dove, in un'altra casetta, erano i suoi genitori. Qui erano rimaste due sue sorelle. Fra le 8,30 e 9,30 si passò un'ora d'inferno. A un certo punto, preoccupato della sorte delle due ragazze, si accostò all'argine del torrente, per attraversarlo. Ma il ponte era stato asportato. Asportata, pure, la passerella a sinistra e l'altro ponte, a destra, più in su, verso le Seghe. L'acqua veniva già con forza inconcepibile; il Moggio urlava forsennato; la terra tremava come messa in convulsione nelle sue viscere da un disastro tellurico.
E poi, oscurità fonda, paurosa. Non un lume, ne vicino, ne lontano, che era stata interrotta la trasmissione della corrente elettrica. Solo, fra cielo e terra, qualche guizzo di lampo col rumore or sordo ora scrosciante di qualche tuono che si sperdeva, quasi, nel fragore infernale di quel cataclisma, dove pareva che tutti i mostri urlanti si fossero dati convegno.
Chi non conosce il letto antico del Moggio non può avere un'idea precisa dello straripamento. Quel letto, che si conteneva in un'ampiezza di una ventina di metri, supera ora la larghezza di cento metri, ed è come se fosse stato sempre così coperto di ghiaia, di sassi, di macigni, con l'acqua che defluisce non più lungo la linea mediana, nell'alveo naturale, ma precipita gialla e spumosa presso gli incomposti macigni nuovi, sul terreno che pochi giorni prima — e non ci sono più tracce — impinguava rigogliosi vigneti.
— Lì c'era un nostro vigneto — accenna il Borgogno. — E' andato tutto distrutto; non si potrà più ricostruirlo. Ma che importa? Purché abbia trovate salve le mie due sorelle.
(Certe volte, si giudicano i contadini come ferocemente attaccati all'interesse materiale. Ecco qui un giovane al quale, per la vita delle sue persone care, sarebbe parsa insignificante la perdita di qualsiasi altro bene).
Gli chiediamo della casa lì presso:
— C'era dentro una vecchia, detta la « croata » e una maestra — la signorina Gisella Valentini da Trento, residente a Borgo — che faceva un po' di villeggiatura. Ieri mattina quando, avvistato il pericolo, sono accorsi i pompieri per far sgombrare la casa, le due donne già quasi inebetite dallo spavento e dal terrore, non volevano assolutamente saperne di andar via. I pompieri hanno dovuto afferrarle di tutta forza e trascinarle fuori. Ebbene, quel gruppo si era appena allon tanto di quattro o cinque metri, che la casa, alla quale era venuto a mancare il terrapieno che reggeva le fondamenta, ha avuto un fragorosissimo schianto ed è crollata. Un vero miracolo, quindi, se la vita di quelle due donne ne è uscita incolume.
Il Borgogno ci parla ancora di altri danni: gli i edifici delle Seghe, più in su, dove noi non possiamo arrivare, sono intatti; ma di legname è stato spazzato via per una cinquantina di mila lire. Poi, in quei paraggi, altre due case sono andate distrutte.

. . . . . . . . . . . . . . . . . . .

Ora noi guardiamo smarriti quella scena. Immaginiamo, osservando quello che è rimasto, quello che c'era prima.
— Il tempo si rimette a pioggia. Avete paura?
No, della pioggia regolare. Se tornasse un nubifragio, come abbiamo temuto iersera, allora sì ... Ma non resterebbe più nulla.




Il Fumola

Ci siamo accomiatati, con una buona parola di augurio sgorgataci proprio dal cuore.
Tornati al ponte rotto, fra Borgo ed Olle, abbiamo lasciata la macchina lì e a piedi, accompagnati questa volta dal cortesissimo signor curato, abbiamo attraversato il paese.
La prima via — quella intitolata all'eroe paesano Vincenzo Molinari — non presenta sensibili tracce di devastazioni: queste appaiono evidenti verso la piazza e più in là, in via S. Bartolomeo che ha la massicciata tutta sconvolta con al margine gine un affossamento interrotto che sembra una cunetta stradale profonda un metro.
Proseguendo, la via che scende verso il Fumola, oltre la cappelletta, è tutta coperta di sabbia bagnata sulla quale sono stampate orme di scarpe contadinesche e di zoccoli.
Presso il Fumola, devastazioni di campagne; irrimediabili. Anche qui come al Moggio, il letto del torrente si è dilatato enormemente; ma è piùsassoso, e i macigni trasportati dal Salto presentano dimensioni enormi. Sono pezzi di diversi metri cubi.
Pensate: il Fumola era qui costretto tra due massicci muraglioni, che sembravano esagerati per la tranquillità del torrente e per il suo scarso volume d'acqua. Ora, di quegli enormi muraglieni non c'è più nemmeno la minima traccia, e non si sa immaginare ove fosse, vicino al nostro posto di osservazione, il bei ponte in cemento armato, lungo 15-20 metri.
In alto, c'informa il curato, la pittoresca cascata del Fumola, meta gradita alle gite dei borghesani, è completamente sparita, colma com'è di materiale granitico.
E ci potrebb'essere di peggio. Il letto del torrente, alla sua sorgiva (la stessa cosa, più tardi,ci è stata fatta constatare a Barco) ha raggiunto un livello superiore a quello degli argini e dei terreni circostanti. Basta, quindi, un'altra pioggia torrenziale per provocare l'allargamento e la distruzione di tutte le campagne sottostanti. Questa sarebbe la rovina completa, la morte economica di quelle buone laboriose popolazioni.
Occorre perciò affrettarsi ai ripari, e l'opera del Governo, a scanso di disastri irreparabili, dovrebbe presentarsi, più che sollecita, immediata.
Bisogna tener presente che le giogaie di montagne a sud di questa località battute dalla guerra (Cima Dodici, Cima Undici, Ortigara, Cima della Caldiera, ecc.) presentano zone statiche molto indebolite a causa delle trincee, delle gallerie, dei camminamenti e di tutte le altre opere belliche costruite o distrutte fra il 1915 e il 1918; presentano quindi una maggiore suscettibilità ai franamenti in seguito a gravi perturbamenti atmosferici.
Di qui, anche il dovere del governo — considerando i possibili disastri come una conseguenza della guerra — di intervenire a provvedere per conto e spese dell'erario.



Il Sella

Subito dopo pranzo, tornando da Borgo verso Novaledo, siamo scesi a Barco. Di qui, rimontando a fatica, sotto la pioggia, la strada sconquassata che porta al Sella, abbiamo raggiunta la località « Ai Murazzi », a cavaliere del torrente Sella. Qui troviamo un'alacre squadra di lavoratori che costruisce dei cavalietti in legno, specie di cavalli di frisia rivestiti nella faccia verso il torrente di solide assi. I cavalietti, posti uno accanto all'altro, costituiscono un nuovo argine al deflusso rapido del Sella, poiché gli argini massicci di pietra scura sono stati colmati da sassi e dalla ghiaia e v'è minaccia seria pel terreno che scende a Barco.
Gravi danni non ne abbiamo rilevati, o sono sfuggiti alla nostra osservazione; ma si è preoccupati, per la eventualità di altri acquazzoni autunnali anche perché, come abbiamo detto, alla sorgente il Sella ha superato il livello del terreno circostante. Poi, le alture vicine sono tutte, o quasi, a superfice ghiaiosa e franabilissima.
Poi, ancora, per soccorsi immediati, in caso di bisogno, non si può fare assegnamento su un corpo organizzato e addestrato, giacché il commissario di Levico (Barco, come è noto, è frazione di Levico) per ispirilo di non sappiamo quanto benintesa economia, si è disfatto del corpo pompieri.
Ci è stato riferito che l'unica preoccupazione dello stesso sig. Commissario, dopo il nubifragio, era stato per la rottura dell' acquedotto di Levico, quasi che non fosse da tenere in almeno eguale considerazione il pericolo che incombeva su Barco.




DALLA RACCOLTA DI DON ARMANDO COSTA

Voci Amiche nov - dic 1967