Rievoeaziorse quasi fedeie delia sommossa dei '28 a Castelnovo
Nel clima di « dialogo » o -- per prendere a prestito un termine meteorologico -- di « di sgelo », instaurato nel mondo dal Concilio Va ticano e dal buon senso di alcuni uomini politici del nostro tempo, può forse stonare ii ricordo ai antiche contese e di lotte paesane all'ombra del campanile; nel qual caso il ternmo che sto svolgendo si dovrebbe seppeìli; e nel profondo di una fossa fra le cose tristi da rievocare mai più.
Va però osservato come sia poco stimatoper i tempi che corrono — il mestiere del becchino, onde rinuncio al dialogo, rinvio il disgelo alla prossima primavera e mi accingo a narrare, su queste pagine, la epica resistenza del popolo d.i Casreinovo alla provocazione del Borgo.
Correva l'anno di grazia 1928. Anno di grazia ... si fa per dire. Da tempo ormai il territorio del Trentino era parte della nostra bella Italia e col nuovo calendario si viveva il sesto anno dalla marcia fascista, sotto la conduzione del duce Mussolini.
Fu appunto il conducente e qualche membro di governo a disporre che, nel quadro della riforma amministrativa degli enti locali, i comuni piu' piccoli fossero associati a quelli maggiori. Per la bassa Vaisugana, nell'imbarazzo della scelta tra Borgo e Casteinovo come comune capoluogo, si addivenne a un compromesso, proponendo il primo quale capoluopn della valle e come Podestà un cittadino di Castelnovo.
In considerazione di quanto esposto, urgeva accentrare nel comune del Borgo tutte le attività amminisirative, che prima si espletavano presso i Municipi locali; ancora, i nati dei paesi venivano registrati come abitanti del Borgo e i mobili e gli arredi degi ufici locali venivano traslocati nel capoluogo del mandamento.
A questo punto preme infonnare l'ignaro lettore che la Parrocchia di Castelnuovo possedeva da lungo tempo un apparato di pregevole fattura e di notevole valore. Si apprezzava soprattutto il massiccio piviale, lavorato a mano, con fili d'oro e di seta, vanto e orgoglio di tutto il paese.
La sua origine era sconosciuta, solo si credeva, per quanto era dato sapere, chc esso fosse stato preda bellica dei soldati francesi al seguito di Napoleone, durante la campagna d'Italia. Alcuni possidenti del paese, al passaggio dell'essercito napoleonico l'avrebbero acquistare», facendone poi dono alla chiesa parrocchiaie e fin d'allora sarebbe stato usato nelle occasioni più solenni, talché era consuetudine fra il popolo recarsi in chiesa per ammirare il celebrante, rivestito del piviale.
Per la rimanente parte dell'anno, il raro pezzo era custodito al riparo dall'umidità e dalle mire furtive di non pochi bricconi, in un armadio di legno, all'interno del Municipio.
Ora accadde che "li incaricati di Borgo provvedessero, nell'estate del '23, a svuotare il Mumicipio di quanto si trovava all'interno di esso. E non parve vero ai dirigenti d'oltre Ceggio di profittare dell'occasione per trasferire colà il prezioso piviale, e in gran segreto studiarono il piano.
Ma era nella aria puzzo d'inganno, e la gente di Casteinovo girava vigile per le strade in attesa di eventi. Già dei volontari s'erano costituiti in pattuglie e andavano di ronda nelle ore della notte, per sventare per tempo ogni assalto imprevisto.
Ed ecco in quei di Borgo un certo D. P, sellare il suo destriero e avviarsi bei bello lungo la starale che porta a Prìniolano. Era suo proposito soddisfare alla consegna del comune di residenza: scendere a Casteinovo per ritirare col carro un carico dal Municipio.
La strada — si sa — saie un po' erta fino al torrente e poi corre giù, facile e diritta, fra campi da una parte e prati dall'altra.
Quand'ecco d'improvviso, che mano ignota scioglieva le campane e i battacchi rimbalzavano di qua e di là entro i bronzi a briglie sciole.
Campana - martello, pericolo imminente e la gente riennava di gran fretta dalle campagne e dalle fratte con falci, forconi, rastrelli e corpi d'offesa d'ogni genere.
« Quale accoglienza — pensava l'ingenuo D.P. — per un cittadino dei capoluogo che si reca in provincia » e allacciatosi il giubbotto sopra la camicia, faceva ingresso nella piazza del paese.
Sceso dai carro, parcheggiava il veicolo sul lato della fontana e saliva sicuio le scaic del Municipio.
Ma la piazza si andava colmiando di contadini urlanti. Il povero D. P. non tardava a capire che la faccenda era seria e lesto si ritirava a fianco deila sua cavalcatura. Era nei paraggi, un paesano robusto, invalido di guerra ormai da undici anni. « Torna indietro », ordinava al conducente e afferrate le redini, spingeva il cavallo sull'orlo di un fosso; qui con il braccio ancora sano ribaltava il veicolo giù per ia rampa.
Nel frattempo le donne dei paese sottraevano il piviale dal solito riparo e come prima sistemazione, correndo su per i « broli », lo appendevano in una cantina, tra alcuni salami e le botti del vino.
L'annuncio della sommossa giungeva celermente al connando di Borgo, dai quale partivano un gruppo di militi e il commissario in testa. Questi, arrivato a Casteinovo, chiedev, che tosse sgomberata la gradinata del Municipio e rivolto ai paesani, cercava di rabbonirii come meglio gli riusciva.
Non è giunto allo storico il resoconto stenografico del celebre discorso, comunque si sa, per conferma di testimoni, che il commissario si esprimeva all'incirca così: « Cittadini di Castehrovo, tornate alle vostre case! Vi posso garantire che è nostra intenzione prelevare il piviale solo per allogiarlo in luogo più sicuro, e anche più confacente al suo valore Storico e artistico. Il piviale resta vostro e nessuno ve lo toglie. Tornate alle vostre occupazioni e abbiate fiducia in me ».
Sulla porta del Municipio s'era piantata una piccola donn dalie scioglilinguagnolo facile, chiamata « Taresota », la quale, brandendo un grosso forcone sopra la testa, minacciava di seri guai chiunque avesse osato oltrepassare la soglia. E il fratello di lei, tale Tita Pierin, ascoltato il discorso del commissario, replicava: « Eì parla ben lu sior, ma da noe ghe 'n proverbio che el dir: " quando el bò l'è for de stala coreghe drio "... ». Aveva un bei daffare lo zelante milite per far capire ai paesani le sue ragioni; finchè, visti inutili i tentativi di pacificazione, dava ordine al suo seguito di risalire sugli automezzi e di rientrare in caserma.
Verso sera compariva sul ponte del Ceggio anche il povero D. P. Montava avvilito sul' bordo del carro; il malconcio ronzino tirava il tutto, guadagnando a poco a poco la porta della stalla.
HiSTORICUS
Voci Amche Gen 1970
Cronaca di guerra Venerdì 2 luglio 1915
Casteinuovo possiede un prezioso e completo paramento sacro, comperato all'epoca napoleo nica dai soldati francesi che passarono di lìe
che lo aveano rubato Dio sa dove.
Ebbene: questo famoso paramento entrato in paese per mano di soldati; dai soldati fu anche portato via.
Nella notte tra l'uno e il due luglio, all'una precisa, il paramento arriva al Borgo sopra un carro tirato da due giovenche; e continua il viaggio per Roncegno.
Ecco come andò la cosa.
Ieri sera, alle venti e trenta, fu nel convento del Borgo un certo Umberto Zanipiccoli da Trento sergente di gendarmeria a Pergine, per chiedere se il Padre che supplisce a Casteinuovo quel parroco si trovasse in casa ovvero altrove.
Inteso che si trovava in convento, disse che quel Padre doveva accompagnarlo subito a Casteinovo: perché mons. Vicario della diocesi (Ludovico Eccheli) lo aveva incaricato di prelevare il famoso paramento, e di consegnarglielo personalmente a Trento. Aggiunse che il Vicario gli aveva promesso — a fatti compiuti — cento
corone di mancia; e sperava anche, se fosse riuscito, di ottenere una medaglia al valore dal comando militare.
Richiesto di esibire uno scritto, e messo alte strette, il sergente confessò che l'iniziativa partiva da lui. A Porgine — disse — un falegname di Casteinovo mi parlò del prezioso paramento che quella chiesa possiede; e mi disse che lo tenevano custodito nella sacrestia in un armadio a doppio fondo, ma che aveva timore che il fuggiasco L..... avvertisse gli italiani di quella preziosità nascosta nella chiesa. Allora venne a me il pensiero di porlo in salvo. Andai a Trento dal Vescovo che non trovai. Parlai invece con mons. Vicario. Ebbi il consenso dall'autorità militare; e, in compagnia di un mio camerata, sono arrivato or ora al Borgo; e questa notte voglio eseguire l'impresa a qualunque costo.
A Casteinovo vengono svegliati i due fratelli sacrestani, i fabbriceri... e, stesa una scrittura di consegna e di ricevuta, senza difficoltà alcuna, gli viene consegnato il paramento, e fu trovato anche il carro per trasportarlo fino a Roncegno.
Lunedì 5 lugUo
Mons. Riccardo Rigo racconta che un certo Ferrai, venendo da Pergine al Borgo, a Levico si scontrò in un carro militare su cui era il paramento di Casteinovo; e rimase meravigliato nel vederlo così esposto al sole, alla polvere, al vento, e forse anche alla pioggia.
Martedì 6 luglio
Dicono che sul giornale « Il Risveglio austriaco » si legge che il famoso paramento di Castelnovo arrivò a Trento, e fu consegnato al comando militare.
da « La passione del Borgo » di mons. Armando Costa; cronach di guerra 1915-16 di prossima pubblicazione per iniziativa della Cassa Rurale delle Olle.
Voci Amiche Gen 1984